Abbiamo bisogno di nobili memorie, in questa epoca sofferente per microbi e bombe: desidero ricordare un mondo generoso che sa costruire difese e protezione per i più deboli.

C’È UNA STORIA IMPORTANTE

In Venezuela 300 mila bambini, provenienti dai quartieri più poveri e violenti, occupano sei pomeriggi ogni settimana per studiare musica classica. 

A Slum Symphony racconta un progetto sociale, El Sistema, voluto dal 1975 dal Maestro José A. Abreu Anselmi che ha costituito 157 orchestre disseminate sul territorio nazionale, il Sistema di Orchestre Infantili e Giovanili del Venezuela, che da allora opera nel paese e si è diffuso in altri paesi.

Attraverso una fitta rete di nuclei didattici viene offerta l’opportunità a migliaia di bambini, dalle Ande all’Amazzonia, di poter studiare musica utilizzando una metodologia legata al gioco.

A Slum Symphony è un video.  Il regista Cristiano Barbarossa narra cinque anni di vita di cinque ragazzi venezuelani, delle aspettative e delle emozioni loro e del loro contesto familiare, sino all’incredibile successo delle tournée internazionali ed al debutto all’estero di Jonathan Guzman, violoncellista di quindici anni, seguito con le riprese da quando ne aveva poco più di dieci, che ha vinto una borsa di studio al Conservatorio di Torino.

Il racconto si snoda tra l’immenso sforzo e la passione che c’è dietro a questo lavoro quotidiano – fatto del rapporto tra bambini, ragazzi, insegnanti e genitori – e la parte più dura dei quartieri dove vivono i protagonisti di questa esperienza, le difficoltà e le speranze dei loro amici e delle loro famiglie, la sfida degli insegnanti di musica. 

Per migliaia di ragazzi di strada venezuelani è “cambiata la musica”, passando dalla baraccopoli all’orchestra.

Nel seminario alla LegoLibri ho raccolto colleghi e amici per ascoltare la musica, la  parola, la storia del video, per pubblicare su Anamprphosis le nostre relazioni.

L’ANIMA SI AFFIDA AL SUONO: LA MUSICA È CIVILTÀ

La musica è nello spazio vuoto tra le note: senza, sarebbe un rumore continuo.

La musica è civilizzatrice, la musica ammansisce le fiere, la musica rende possibile l’impossibile, la musica permette di raccontare senza parole e con un’intensità maggiore di qualsiasi parola. L’ascolto della musica genera effetti benefici di tipo cognitivo, emozionale e comportamentale ed ha un’altra caratteristica preziosa, unisce e non divide, in un mondo contemporaneo che vede contrapposizioni tra popoli.

La musica è identità: apre un divenire continuo dell’individuo, aggiunge continuamente qualcosa nella costruzione di quello specifico individuo.

LA MUSICA TOCCA IL CUORE

Musica ed incantamento evocano Orfeo: con la sua musica schiude le porte nella discesa agli Inferi, racconta il suo strazio con la sua lira e la sua musica che, attraverso il suono, diventa linguaggio ed esprime, senza parole, i sentimenti.

La musica permette la trascendenza in quanto sa comunicare oltre le parole, in una dimensione altra che è spirituale: infatti non bastano le frasi per esprimere la disperazione di Orfeo, ci vuole la musica che sa dare significato ed immagine. 

La musica è la “lingua degli angeli” (e qui un altro omaggio, ad Augusto Romano e la sua riscrittura di Musica e Psiche) ha una funzione civilizzatrice per Poliziano, dà significato alle immagini ed accoglie l’ineffabile, specchio enigmatico di ciò che è, di per sé, enigmatico. 

La musica, come il mago cantore di Schneider, è un risuonatore cosmico che chiama e risveglia nell’altro il suo dio e permette di riconoscerlo; si offre musica agli dei e c’è il canto in ogni liturgia, canto e coralità, che esprime l’essere-insieme attraverso la musica.

La musica dischiude all’uomo un regno sconosciuto, un mondo che non ha nulla in comune con il mondo sensibile esterno che lo circonda per affidarsi all’indicibile, risuonano le emozioni e trasportano la persona in un altrove dove la musica ha un ruolo ordinatore. 

Questo altrove ha permesso il riconoscimento di sé nel rispecchiarsi – attraverso la melodia – nelle proprie emozioni, in un processo di identità ed insieme di identificazione che ha portato alla emancipazione, con l’anima che si affida al suono. 

LA MUSICA HA UNO STATUS SUPERIORE AL SEMPLICE FONEMA 

La musica non proviene dalla parte cosciente e non si indirizza al coscio, secondo Jung, ma trae la forza dall’inconscio e si indirizza all’inconscio: è un linguaggio universale, una manifestazione dell’inconscio collettivo. 

Le mitologie della creazione raccontano di un suono che si è condensato in materia luminosa per creare il Mondo, lo si ritrova nel biblico Fiat Lux, nella fisica moderna con la concezione del Big Bang, appare nel primo grido del neonato, è un suono. 

Sia il mito che la musica sono da ascoltare prima di spiegare, entrambe sono una narrazione ed un’alchimia che spiritualizza il corpo e materializza lo spirito, in una sorta di integrazione psicosomatica. 

Forse da questa integrazione proviene la nostalgia di regredire nel dondolio fetale, nell’ovattato apparente silenzio della lunga notte uterina con il suo universo sonoro, nella sincronia duale, nell’ascolto del battito materno e del suono della sua voce, per ritrovare l’assoluto abbraccio perduto. La musica è collegata al bagno di suoni primordiali nella vita intrauterina, di cui nascendo si ha memoria, e la reazione al suono testimonia la capacità di ascolto.

La musica è sedimentata nel patrimonio culturale di ciascuno di noi e poche note possono evocare un vissuto di appartenenza che trascende l’esperienza personale e svela una dimensione direi cosmica, incanta e pietrifica come la lira di Orfeo e le Sirene di Odisseo.

È un linguaggio capace di mediare emozioni e come tale ha una funzione ordinatrice: la semplice evocazione di suoni sembrano portare ordine, esprime il superamento di un conflitto enunciando l’accordo, la concordanza tra persone, l’assonanza di pensiero. Il risultato eccezionale che la Slum Symphony ha dimostrato.

Avremmo bisogno di una Slum Symphony universale, oggi.

A SLUM SYMPHONY: ricordo di un incontro del 2011
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